Leonardo

Fascicolo 12


La mitologia della scienza
di Giuliano il Sofista (Giuseppe Prezzolini)
pp. 26-27


p. 26


p. 27



PASQUALE DEL PEZZO. Le ribellioni della scienza. Napoli. Tip. Regia Università 1895 p. 22.
P. DUHEM L'évolution de la Mécanique, Paris. Joinin 1903 p. 348.
ERNST MACH la Mécanique. Exposé historique et critique de son dé veloppement. Paris, Hermann. 1904 p. X, 498.
REVUE DES IDEES. Paris, Janvier 1904 e segg. direct. E. Dujardin. Redacteur en chef: Remy de Gourmont.
BENZONI. Recenti conquiste e nuove battaglie del pensiero filosofico, in RIV. D'ITALIA. gennaio 1904. 38-61.

   Rendiamo grazie agli storici delle scienze che ci permettono di scrivere ormai una Mitologia delle Scienze, come si son già scritte delle Mitologie Classiche, e si potrebbero scrivere delle Mitologie Cristiane. L'atomo finalmente prende posto fra i miti, e l'etere non sfigura accanto a S. Giosaffatte o ad Ercole, come evoluzione può benissimo tenere il posto gerarchico di Domine Iddio. Come i buoni eruditi classici ci san dire che Ercole deve la clava e la pelle di leone e quel suo fare da romantico masnadiere e giustiziere all'immaginazione di un poeta ciclico e i buoni eruditi romanzi ci mostrano in S, Giosaffatte la versione cristiana della leggenda di Buddha così un Mach o uno Streintz vi raccontano come Newton inventasse la gravitazione con grande scandalo de' suoi contemporanei e Fresnel oscuro insegnante negasse contro l'autorità Newtoniana la teoria emissiva della luce. Le teorie, come i miti, nascono, vivono, muoiono; le scienze hanno una evoluzione; le certezze e le verità cambiano: ogni secolo ha le sue, come i suoi pantaloni e le sue cravatte. Nella storia dell'ottica si vedono «i pensatori del XVII secolo repudiare con disdegno il sistema dell'emissione; ma gli scienziati del XVIII sono pieni di confidenza di questo sistema e di disprezzo per quello delle ondulazioni; i fisici del XIX riprendono invece questo e si meravigliano che si sia potuto considerare il primo come cosa seria» (Duhem, in R. des D. M, 1904. CXXIII. 122). Le teorie hanno il loro stato civile; soltanto, a differenza da noi mortali, è ammessa per loro la resurrezione: le teorie infatti sono dei.
   Ci dice il prof. del Pezzo che noi «abbiamo creato un nuovo Olimpo meno bello e meno allegro dell'antico. Abbiamo inventato l'etere, i fluidi, gli atomi, i movimenti vibratori e vorticosi e ce ne serviamo per ispiegar la Natura» (p. 19). Così s'è creata la leggenda scientifica e la religione scientifica; e noi metafisici, noi gnoseologi, noi retrogradi, siamo stati in realtà gli eretici, i ribelli, gli avveniristi del pensiero. La matematica ha avuto dei dogmi, e rovinare le credenze alle tre dimensioni dello spazio per i seguaci di Lobatschewsky, Gauss, Riemann Beltrami è stata opera men facile che per gli Enciclopedisti rovinare l'edificio del dogma cattolico; non v'è nulla infatti di più intransigente, di più duro, di più cristallino della collettività scientifica. Eppure lo scienziato è, senza saperlo, un grande poeta, un demiurgo sapiente, un architetto sublime; le sue formule hanno apparenza di vigorosi decreti e i suoi esperimenti di scaltre istruttorie. Lo scienziato è un immaginativo e un uomo di azione, un artista e un governatore, soltanto non s'accorge di esserlo. Il prof. del Pezzo accenna a un'idea da me svolta più largamente molte volte, quando ancora non conosceva il suo opuscolo: l'uomo come creatore delle sue verità e del suo mondo. Egli dice «Il matematico in certo senso, crea il suo mondo, e parafrasando il motto di Cartesio può dire: Lo penso, dunque esiste, e può dire col Vico: Mathematica demonstramus, quia verum facimus.» (p, 19) Il «sia» delle formule matematiche, equivale spesso al «fiat» biblico; nessuno fin qui s'era sognato di vedere in un matematico, un mago.
   La storia dei maghi meccanici è quella studiata dal Mach, finora il più grande filosofo delle scienze che abbiamo; l'unico almeno che abbia avuto un idea generale, che riassume e caratterizza, fa vedere e sentire cosa sia la Scienza. Quale sia l'idea del Mach, ormai è noto, perché la Meccanica, escita in tedesco nel 1883, ebbe quattro edizioni e fu anche tradotta in inglese , molti scienziati ne hanno accettato sviluppato e completato le idee, fra cui in Italia primo il Vailati, che ne è uno dei più caldi apostoli. La Scienza dunque, in tutte le sue forme dalla formula matematica al linguaggio scientifico, dall'istrumento di fisica fino alla teoria atomica, non é che un'economia del pensiero. Non ho qui il tempo di dire perché tale concezione mi sia simpatica e quali attinenze abbia con certe altre mie idee; soltanto voglio notare quello che molti ora dimenticano, quando pongono in lotta l'ideale classico con l'ideale scientifico.
   Le Scienze, soprattutto le così dette esatte, sono pienamente classiche. Armoniose, semplificatrici, chiarificatrici esse cercano di mettere l'ordine nel mondo; nulla più le urta quanto i fatti imprevisti, gli eccessi, le violenze, direi quasi il romanticismo della realtà. La scienza è conservatrice, tende a far rientrare i fatti nuovi nelle formule vecchie, anzi a togliere il nuovo dal mondo. Nulla che possa togliere la tranquillità e la semplicità deve essere accettato; la formula delfica e pindarica potrebbe essere scolpita sopra ogni cattedra d fisico.
   Se il Benzoni riconosce che l'effetto del movimento critico delle scienze è stato di riconoscere «che la scienza nostra positiva fu costituita nei suoi principi euristici, spiegativi, metodologici e nelle sue leggi generali dai filosofi greci» (p. 49), il Milhaud pure si trova d'accordo con quanto afferma, quando ha potuto sostenere con una bella ricchezza d'esempi, che vanno dall'educazione fino all'arte, che il carattere eminente dei Greci è stato quello d'essere dei logici e dei geometri. (R. des Etudes Grecques 1896). Così il Mach sempre ribatte parlando dei caratteri della scienza su quello di non soffrire eccezioni, violazioni, turbamenti. La spiegazione scientifica fa si che «più nulla di straniero, di nuovo o di sconcertante ci appaia nei fenomeni.» «Nella economia del pensiero risiede l'elemento tranquillatore, esplicativo ed estetico che è di grandissima importanza nella scienza.» Il dare una spiegazione poi, è ciò pure un principio d'economia: si pensa infatti una volta per sempre, per non avere a pensare mai più, una cosa spiegata è una cosa che non eccita, che non turba, che non domanda. E così anche è l'arte classica, fondata sul principio d'economia, o del minimo sforzo. Anche le espressioni di dolore o di moto e di sforzo, si cerca di ridurle quanto è possibile, di frenarle, di fissarle; il Discobolo non è soltanto un'opera d'arte, ma un'opera geometrica. Sarebbe facile, e i fatti si presterebbero con la massima compiacermi dimostrare che l'ideale classico non è che ideale delle scienze esatte: rendere noioso il mondo.
   La filosofia della Contingenza è stata così il Romanticismo della Scienza; non più unità della natura, non più leggi assolute e fisse, non più previsioni certe. Il mondo va a caso, e tanto meglio se si presta e s'accomoda ai nostri calcoli; ma in realtà è più profondo, più vasto, più indeciso di quel che gli scienziati sappiano. L' uomo è non solo libero, ma anzi spontaneo; e le formule, l'abitudine, l'imitazione non sono che la morte della sua spontaneità.
   Voltaire studiava la fisica e odiava Shakespeare; i romantici ameranno Shakespeare e ignoreranno la fisica, Goethe il gran pano era scienziato; Sully-Prudhomme, teorico del Parnaso amoreggiava col Taine — invece il Bergson accarezza gli anti-parnassiani moderni. Si potrebbe perfino giungere a dire che il classicismo è logico, scientifico e materialista — il romanticismo è illogico, anti-scientifico, idealista: che la scienza è classica, la realtà romantica.
   La Revue des Idées ci sembra un opera di Voltairianismo antiscientifico, diretta da quello spirito spesso profondo e quasi sempre acuto di Rémy de Gourmont, con la scusa di far conoscere ai letterati il dominio della scienza, è in realtà la raccolta di tutte le idee e di tutti i fatti che possono disturbare, pungere, urtare i quieti e creduli scienziati: Si può dire che la Revue des Idées combatte la scienza nella sua forma più antipatica, quella di religione; la scienza non ha soltanto i martiri e i templi, ma ha, quel che più importa, i dogmi, per rinnovare i quali si sono dovute combattere battaglie, fare rivoluzioni, innalzar barricate. La scienza anzi è il prodotto di rivoluzioni cristallizzate e divenute dogmi, che non aspettano che il momento di una ribellione per passare allo stato di prigioni del pensiero. Così sono stati gli atomi per la fisica, le tre dimensioni dello spazio per la geometrica, la teoria cellulare per la biologia, e l'evoluzione per molte scienze insieme. Chi osava dubitare dei dogmi scientifici era messo all'indice, e il meno che potesse toccargli era l'epiteto di codino. Ora la Revue des Idées parla di tutto ciò che va contro alle idee più accettate dall'accademismo scientifico; e del radium che urta un poco la legge di conservazione della materia, e degli esperimenti del Quinton, che fan dubitare se l'uomo sia l'ultimo animale apparso sulla terra, e di Francesco Bacone la cui vera dottrina si conosce bene solo attraverso l'opera critica del paradossale e simpatico Joseph de Maistre.
   Raccolta di malignità antiscientifiche, fatte con le stesse armi della scienza, la Revue des Idées pel suo titolo, per la sua forma, pel suo fine non potrebbe esserci più simpatica.
   L'articolo del Benzoni non è importante che come sintomo. Ci si comincia ad accorgere finalmente anche in Italia che la Scienza senza perdere del resto nè un fregio nè un mattone delle sue costruzioni, è assolutamente cambiata come valore umano, e da conoscitiva s'è fatta solamente ordinativa e utilitaria.
   L'intuizione, base della metafisica, è l'unica cosa che ci faccia conoscere. Ora il Benzoni che pur mostra di capire qualche cosa nel suo articolo lo finisce con una pappolata morale contro le estreme conseguenze di questa teoria, contro gli esteti, i fideisti, i neo-apologisti, gli idealisti, ecc., risolvendo con due pistolotti scolastici e l'inevitabile ricordo della pazzia del Nietzsche, la questione se la volontà abbiano azione sulla intelligenza e sulla credenza. Ed è inutile parlare di immoralità, egregio signor Benzoni! i fideisti possono essere anche degli atei e magari degli immorali. L'argomento della immoralità, lo lasci per favore ai de Sarlo e ai Bonatelli di questo mondo, non hanno altro con cui trastullarsi!


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